Un aspetto cruciale per garantire una base omogenea di servizi sanitari in tutto il territorio nazionale riguarda i Livelli Essenziali di Prestazioni (LEP) e i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Il Ddl prevede che le materie per le quali sono necessari i LEP non possano essere trasferite dallo Stato alle Regioni prima della loro definizione, proprio per garantire un livello minimo di prestazioni in tutto il paese. Tuttavia, recentemente il Comitato per l’individuazione dei LEP ha suggerito una scorciatoia per la sanità, affermando che i LEA già esistenti possono sostituire i LEP. Questa situazione ha portato a notevoli diseguaglianze tra Nord e Sud, con i LEA spesso non esigibili in maniera uniforme su tutto il territorio.
Le pagelle del Ministero della Salute relative al 2021 hanno disegnato un quadro impietoso della situazione sanitaria nel paese, con solamente 14 regioni promosse e l’Emilia-Romagna in testa. Al Sud, solo Abruzzo, Basilicata e Puglia hanno raggiunto la sufficienza. Questo divario Nord-Sud nel settore della sanità sembra ormai difficilmente colmabile, e il rischio è che il Ddl Calderoli sull’autonomia differenziata possa cristallizzare ulteriormente una situazione penosa per i cittadini.
Il divario tra Nord e Sud aumenterebbe inevitabilmente se venissero assegnate maggiori autonomie alle regioni più ricche del Nord. Di fronte a questa prospettiva, la Fondazione Gimbe ha richiesto in Commissione Affari Costituzionali del Senato di escludere la sanità dalle materie su cui le Regioni possono richiedere maggiori autonomie, per evitare di ampliare ulteriormente le disuguaglianze.
Il “Monitoraggio dei LEA attraverso il Nuovo Sistema di Garanzia” da parte del Ministero della Salute ha rivelato che, rispetto al 2020, nel 2021 sono salite a 14 le regioni adempienti. Tra queste, troviamo Abruzzo, Basilicata, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Provincia Autonoma di Trento, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria e Veneto. Tuttavia, 7 regioni sono rimaste inadempienti, tra cui Campania, Molise, Provincia Autonoma di Bolzano e Sicilia con un punteggio insufficiente in una sola area; la Sardegna con un punteggio insufficiente in due aree; e Calabria e Valle D’Aosta insufficienti in tutte e tre le aree.
La Fondazione Gimbe ha analizzato anche le differenze tra gli adempimenti del 2020 e quelli del 2021, rilevando un netto miglioramento nell’area della prevenzione e nell’area ospedaliera, mentre l’area distrettuale ha mostrato un lieve peggioramento. Tuttavia, la Sardegna, insieme alla Valle d’Aosta, ha peggiorato le proprie performance, evidenziando le sfide che la regione sta affrontando nell’erogazione dei servizi sanitari.
Infine, va considerato che la situazione del 2020 è stata fortemente influenzata dalla pandemia, la quale ha rappresentato una sfida senza precedenti per tutto il sistema sanitario italiano, inclusa la Sardegna. Tuttavia, è fondamentale adottare misure mirate per migliorare l’erogazione dei servizi nelle aree distrettuali e ospedaliere, oltre a promuovere la raccolta completa e tempestiva dei dati per valutare accuratamente il livello di presa in carico dei pazienti e affrontare in modo efficace le sfide nella sanità regionale. Solo con uno sforzo coordinato e continuo, sarà possibile ridurre il divario Nord-Sud e migliorare il sistema sanitario per tutti i cittadini sardi.